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HomeI Luoghi del SantoNolaIl Culto Ianuariano a Nola
I Luoghi del Santo

Il Culto Ianuariano a Nola

La comunicazione, basata sull’analisi comparata delle fonti letterarie, agiografiche, storico-artistiche e archeologiche, si articola in due parti. La prima analizza la tradizione del martirio di S. Gennaro a Nola che, com’è noto, è registrata negli Acta Vaticana, ma non nei più antichi Acta Bononiensia. Caratterizzati dalla presenza di episodi eclatanti, gli Acta Vaticana raccontano, tra l’altro, l’incontro a Nola di Gennaro con il giudice Timoteo che avrebbe fatto gettare il santo in una fornace ardente da cui sarebbe uscito miracolosamente illeso. Nella seconda parte della comunicazione vengono esaminate le testimonianze del culto ianuariano nel santuario di S. Felice che sorse, nella prima metà del IV secolo, in un’area sepolcrale ubicata nel suburbio di Nola. Il complesso monumentale, oggi ricadente nel comune di Cimitile, conobbe il momento di massimo splendore all’epoca di Paolino di Nola che rappresenta, sotto ogni punto di vista, il vero genius loci: si devono a lui, infatti, la diffusione del culto di S. Felice e la trasformazione del cimitero in un grandioso e frequentatissimo santuario, distante poco più di 1,5 Km dal foro dell’antica città. Come riferisce il presbitero Uranio, che assistette alla morte di Paolino nel 431 e partecipò ai suoi funerali, l’evergete nutriva una profonda venerazione per Januarius episcopus simul et martyr.

Sebbene a Cimitile non manchino testimonianze del culto ianuariano in età altomedievale, la venerazione ebbe un forte incremento solo a partire dagli inizi del XVII secolo, quando venne scoperta una ‘fornace’ che, forse anche in relazione al rilievo che all’episodio viene dato nelle Vite di S. Gennaro pubblicate da Davide Romeo e Paolo Regio nella seconda metà del Cinquecento, fu immediatamente collegata al martirio del santo. Patrocinatori del culto ianuariano a Cimitile furono i canonici della cattedrale di Nola che, in quegli anni, amministravano il santuario. Discordanti sono le fonti erudite sull’origine della cappella che venne costruita sulla ‘fornace’. Secondo Gianstefano Remondini, i canonici fecero erigere sulla ‘fornace’, poco dopo il rinvenimento, una piccola cappella che divenne ben presto meta di pellegrinaggi; danneggiata nel 1631 dall’eruzione del Vesuvio, venne restaurata a spese degli stessi canonici. Carlo Guadagni, con evidente allusione al principe Tommaso Caracciolo, attribuisce, invece, la costruzione della cappella alla «pietà di alcuni cavalieri napolitani» rifugiatisi a Cimitile per sfuggire alla peste del 1656. Il riferimento a Tommaso Caracciolo, deputato del tesoro di S. Gennaro sin dal 1647, evidenzia la forte devozione per il santo nonché i legami con la città di Napoli; non a caso fu proprio l’amministrazione della capitale che nel 1700 provvide a riparare i danni inferti all’edificio di culto cimitilese dal terremoto dell’8 settembre 1694. A dispetto della sentita venerazione, la cappella venne distrutta alla fine del Settecento per costruire la parrocchiale di Cimitile; si fece, però, attenzione a salvaguardare la ‘fornace’ e il ‘carcere di S. Gennaro’ che vennero a trovarsi sotto il presbiterio del nuovo edificio. L’analisi stratigrafica delle strutture superstiti indica che il ‘carcere’ corrisponde ad uno dei serbatoi che, come scriveva Paolino di Nola, approvvigionavano le fontane del vicino atrio della basilica nova, laddove la ‘fornace’ sorge in un ambiente circolare pertinente alla fase paoliniana.

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Progetto: "Il Culto di San Gennaro in Campania e nel mondo", a cura del Centro Interdipartimentale di Ricerca LUPT "Raffaele d'Ambrosio" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II.
Realizzato con il contributo della Regione Campania. Direzione Generale per le Politiche Culturali ed il Turismo. Ufficio di Staff 91 "Promozione e Valorizzazione dei Beni Culturali"
Avviso Pubblico ex D.D.n.141/2018. Ammesso a finanziamento con D.D.n.58 del 28.10.2020.

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